sabato 1 marzo 2008

Nicola Conte


Percorrendo la strada di Nicola Conte, sì, perché ne ha già fatta tanta!, sembra di tornare indietro nel tempo, verso la fine degli Anni Cinquanta e non solo perché è uno dei periodi musicali che lui ama in particolare, ma perché a quei tempi si cominciava a respirare il jazz in un modo diverso. Si cominciavano a scoprire musicisti, si ascoltavano i primi dischi stranieri, si respirava un’atmosfera diversa, quella che poi si è ricreata al Fez di Bari, vera e propria fucina di idee, di persone, di scambi culturali. Da qui partono e si sviluppano le prime produzioni di Nicola Conte che fanno conoscere, in pieno movimento acid jazz, gruppi come il Paolo Achenza Trio, Quintetto X, Fez Combo, Intensive Jazz Sextet. Alcune di queste formazioni facevano riferimento alla scena appena citata, altre, come i Balanço, si sono evolute nella ricerca di sonorità strettamente legate alle colonne sonore, con la riscoperta di autori italiani come ad esempio Morricone e Piccioni, vere e proprie muse ispiratrici e altre ancora, come gli Street Jazz Unit, riprendevano in forma vocale, quel sound tipico della Blue Note. Il tutto per far capire la versatilità e l’intelligenza di Nicola Conte, che stava trasmettendo in maniera misurata ad ognuna di queste sue produzioni, il suo vero grande amore, il jazz. In particolare, il suo modo di sentire il jazz è strettamente legato alla musica di fine Anni Cinquanta, inizio Anni Sessanta, anche di estrazioni differenti, come ad esempio tutti quei trii e quartetti dei brasiliani, che soprattutto dal punto di vista ritmico e della melodia, avevano una freschezza unica, anche se poi si trattava di armonie molto semplici, come il blues. Poi, escludendo i grandi numi tutelari come Davis, Coltrane, Silver, Blakey, Conte si rifà molto al jazz modale e ne ha fatto proprio una ricerca, sia perché è appassionato, sia perché è un collezionista di dischi e quindi eccolo buttarsi a capofitto alla ricerca di gruppi e personaggi meno conosciuti ai più, perché magari non avevano avuto la possibilità di incidere per grosse case di produzione o major per cui non avevano una grossa visibilità internazionale.
La sua passione per il jazz lo porta nella seconda, importantissima fase della sua carriera: ora siamo verso la fine degli Anni Novanta e in questo periodo nascono le produzioni più strettamente legate alla musica afroamericana. Ecco venire alla luce i Jazz Convention, il Quartetto Moderno, il Rosario Giuliani Quartet e lo Schema Sextet: in queste produzioni, eseguite sempre nello stesso studio di Bari, ci sono quei musicisti che guarda caso oggi lo accompagnano, suonano le sue composizioni ed eseguono le sue creazioni e stiamo parlando, fra gli altri, di Fabrizio Bosso, Gianluca Petrella, di Lorenzo Tucci, Pietro Ciancaglini, Gaetano Partipilo, Pietro Lussu. Forte di queste esperienze Nicola decide che è giunta l’ora di un album a suo nome, Jet Sounds, uscito nel 2000, elegante simbiosi di sonorità tipicamente italiane, legate al mondo del cinema e influenzate da jazz, bossa nova e psichedelia. Con questo lavoro Nicola prosegue parallelamente all’attività di produttore quella di DJ, che lo porta a suonare in diversi club sparsi in tutto il mondo. Ma in questo frangente cresce anche la sua importanza come compositore e musicista e il momento della svolta è caratterizzato dal singolo “New Standards”, scritto assieme a Petrella, vera e propria dichiarazione d’intenti sul suo immediato futuro.
Per un curioso gioco di rimandi, nel 2002 Nicola produce il disco di Rosalia De Souza, cantante dei mai dimenticati Quintetto X, uno dei primi gruppi a cui aveva dato la sua impronta. In Garota Moderna viene focalizzata la sensuale voce della Souza attraverso tredici tracce di “bossa nova flavour”.Attraverso i remix ha sviluppato la ricerca sul suono con strumenti veri: l’obbiettivo era quello di ottenere musica con lo stesso impatto dell’elettronica, ma suonata acusticamente con la finezza del jazz anni sessanta. È riuscito ad ottenere, primo fra tutti, facendo risuonare i brani ai suoi musicisti, ritmi puramente jazz che diventano musica da club. I lavori per personaggi come Greyboy, Eli Goulart, Yoshinori Sunahara, Trüby Trio, Re:Jazz, Koop, The Dining Rooms, Sunaga t Experience, Five Corners Quintet e altri, sono fondamentali per capire il lavoro di Nicola Conte. Un esempio lampante si può ascoltare nell’ultimo album degli Hi-Five, dove, accanto al brano originale, ci sono due versioni remixate da Conte, prima un arrangiamento per quintetto jazz, poi, in post produzione, con l’aggiunta dell’elettronica, una versione club. Questi sono i nuovi standard per il jazz moderno, con musicisti italiani, sui quali Nicola, insieme alla Schema Records, etichetta italiana che pubblica i suoi dischi, ha sempre creduto e investito con passione sulla loro capacità musicale. E ora penserà a quando si rigirava i vecchi e storici vinili della Blue Note, e mai avrebbe immaginato che in futuro su una di quelle copertine ci sarebbe stato il suo volto.

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